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Bruno Pontecorvo

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Bruno Pontecorvo, in URSS Bruno Maksimovič Pontekorvo , (Marina di Pisa22 agosto 1913 – Dubna24 settembre 1993), è stato un fisico italiano con cittadinanza britannica naturalizzato sovietico.

Allievo di Enrico Fermi, fu autore di numerosi studi sulla fisica delle particelle ad alta energia e giunse alla notorietà anche fuori della comunità scientifica per il suo volontario trasferimento nel 1950, in piena guerra fredda, in Unione Sovietica, dove continuò le sue ricerche sul decadimento del muone e sui neutrini.

Nato da una famiglia benestante di fede ebraica, ma non praticante, fratello del genetistaGuido e del registaGillo, frequentò giovanissimo il biennio di ingegneria a Pisa e a soli diciott’anni s’iscrisse al terzo anno di Fisica all’Università di Roma superando l’esame di ammissione con Fermi e Franco Rasetti, diventando quindi uno degli assistenti più stretti – e il più giovane – di Fermi, entrando a far parte del cosiddetto “gruppo di via Panisperna” con il quale collaborò nel 1934 al celebre esperimento sui neutroni lenti che diede l’avvio alle ricerche sulla fissione del nucleo atomico e alle sue applicazioni. Nel 1936 si recò a Parigi, dove lavorò sino al 1940 con Irène Curie e Frédéric Joliot allo studio degli urti dei neutroni con protoni e alle transizioni elettromagnetiche tra isomeri. Durante il periodo parigino abbracciò l’ideologia marxista e comunista, pur non partecipando attivamente ad alcuna attività politica. Nel 1938 conobbe una giovane studentessa svedese, Marianne Nordblom, da cui ebbe presto il primo figlio Gil.

Un anno prima di morire, nel 1992, aveva partecipato a un incontro fra scienziati al Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice. In quell’occasione aveva espresso tutta la sua disillusione e il suo rammarico per essersi trasferito in Unione Sovietica. Più o meno nello stesso periodo, aveva risposto in maniera più dubbiosa alla giornalista Miriam Mafai, che poco dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica gli chiese se si fosse pentito della fatidica scelta: «Ci ho pensato molto, a questa domanda. Puoi immaginare quanto ci ho pensato. Ma non riesco a dare una risposta»

. Solo nel 1955 gli fu consentito di apparire in pubblico, in occasione di una conferenza stampa dove spiegò al mondo le motivazioni del suo abbandono della società occidentale e la sua adesione al comunismo reale. Solo molti anni dopo poté viaggiare all’estero e visitare l’Italia (la prima volta nel 1978). Rimase in URSS anche dopo la fine del comunismo. Afflitto dalla malattia di Parkinson, morì a Dubna nel 1993: in seguito a una brusca caduta dalla bicicletta si era rotto il femore, per la qual cosa aveva pianificato di curarsi a Roma ma il suo fisico non resse lo stress. Per sua espressa volontà, metà delle sue ceneri vennero sepolte nel cimitero di Dubna e l’altra metà nel Campo Cestio a Roma

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